1955 - La creatività italiana e il rilancio della BMW
di Ruggiero Capone

L’idea italiana il più delle volte è stata utilizzata per rilanciare l’industria straniera. Un adagio che ha più riscontri storici, non ultime le produzioni motociclistiche giapponesi prima ed elettroniche cinesi ed indiane poi.
E va letta così anche l’idea di Renzo Rivolta, quando nel 1953 presentò l’Isetta.

L’auto era completamente innovativa, lunga 2 metri e 25 e con un consumo di 1 litro di carburante per 25 Km, aveva un unico grande portellone anteriore che ora sembra fatto proprio per semplificare il parcheggio. Un assale posteriore a larghezza ridotta eliminava il differenziale, ma consentiva un’ottima tenuta di strada sui fondi sconnessi che ancora oggi sono una piaga delle nostre città.

In pratica, Rivolta ed i suoi progettisti non avevano ideato una mini car originale per il periodo post bellico, ma avevano lanciato la filosofia delle city car. Ma una city car con prestazioni di tutto rispetto per allora, se si considera che alla Mille Miglia del 1954 (quella vera) l’Isetta si aggiudicò l’indice delle prestazioni e mantenne una media oraria superiore ai 70 Km, a fronte di una velocità massima di 85 Km/h.

La BMW acquistò il progetto e nel 1955 lanciò sul mercato l’Isetta, rivisitata in alcune soluzioni produttive e nelle componenti meccaniche, per mantenere in vita il suo settore automobilistico, che all’epoca aveva in listino solo un 6 V, una meccanica anteguerra, e un nuovo 8 V superleggero.
Ciò gli consentì, come ampiamente documentato dai verbali dei Consigli di amministrazione, di traghettare l’azienda verso il nuovo mercato della 700 (bicilindrica raffreddata ad aria derivata dalla motociclistica), entrata in produzione nel 1959. Comunque la BMW volle riconoscere il suo legame con l’Italia automobilistica, collaborando per il design della 700 con Giovanni Michelotti.

L’Isetta fu prodotta dalla BMW dal 1955 al 1962 in diversi modelli, fino alla 600 a quattro porte introdotta nel 1957, e venduta in oltre 160.000 esemplari che, per i tempi e per le caratteristiche della vetturetta, devono essere considerati un successo commerciale.
L’Isetta fu esportata negli USA e fu prodotta su licenza in Europa e nei paesi del Sud America, ove esiste oggi il maggior numero di collezionisti.
E dall’Isetta passando per la 700, la BMW ha inaugurato una strategia vincente, che l’ha trasformata in leader mondiale del suo segmento.
Ed anche quando i numeri della produzione le dicevano (a parlare erano gli esperti) che doveva associarsi per sopravvivere, la casa tedesca ha continuato sulla sua strada.
Che carattere teutonico, che forza.


Noi italiani invece di rammentare che l’Isetta è frutto della genialità del Bel Paese, ricordiamo la cosa come un flop commerciale per il limitato successo in Italia della vetturetta e delle sue versioni commerciali. Basta navigare un pò per i siti web: sol quelli esteri ne riconoscono il successo.
E allora la mente corre alla Vespa 400, prodotta anch’essa solo all’estero.
E corre ancora voce che la sventura della vettura Piaggio fosse addebitabile al fatto che s’affacciasse sul mercato la Nuova 500 (quella del 1957), che aveva 4 posti rispetto ai soli 2 della Vespa 400.
Sarà vero che la presenza d’un colosso (quasi monopolista) come la Fiat, all’epoca, non abbia reso possibile il successo di altri costruttori,concorrenti nelle utilitarie? E perchè l’Innocenti ha poi dismesso la Mini? Essì, quanti pensieri corrono in concomitanza con la presentazione della Nuova 500 (grande).

E forse è il caso di sottolineare l’italianità del progetto "auto da città". Che del resto è la filosofia della Smart, che poi, abbiamo visto, è la stessa dell’Isetta.
E come si fa a negare che la Mercedes non ha chiuso la linea di montaggio Smart perchè l’Italia è sempre stato il primo cliente della sua produzione?
Insomma abbiamo inventato la city car e salviamo dal fallimento chiunque le produca.
Siamo davvero un popolo di generosi inventori.